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The ‘Rapable’ Woman: From Capuana’s <i>Giacinta</i> To Maraini’s <i>Marianna Ucrìa</i>


Catherine Ramsey-Portolano

Abstract

Questo articolo esamina la rappresentazione letteraria della violenza sessuale sulle donne nell’Ottocento e Novecento. Si passa dalla rappresentazione, nelle opere di Luigi Capuana e Gabriele D’Annunzio, dello stupro come espressione del desiderio maschile per il corpo femminile, alla raffigurazione, da parte di scrittrici quali Sibilla Aleramo e Dacia Maraini, dello stupro come atto di violenza maschile sul corpo femminile. Gli esempi scelti riflettono i cambiamenti, nei periodi esaminati, del ruolo sociale delle donne ma anche le variazioni nella concezione del corpo femminile. Nelle opere di Capuana e D’Annunzio la violenza sessuale è collegata alla trasgressione femminile, il corpo della donna che desidera anch’esso la sessualità, e quindi serve come forma di castigazione. In queste opere le protagoniste, vittime della violenza sessuale subita, risultano anche vittime della loro società, che non accetta la loro sessualità e un ruolo per loro al di fuori di quello di moglie e madre. Nelle opere di Aleramo e Maraini, invece, lo stupro risulta un metodo per denunciare il tentativo patriarcale di controllare il desiderio femminile. Le protagoniste di queste opere superano la violenza subita e riescono perfino ad affermare un certo proprio livello di autonomia.


Keywords: Rape, sexual violence, female emancipation, fin de siècle, Italian women writers


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eISSN: 2225-7039
print ISSN: 1012-2338